Luccio a Spinning

luccio di daniele pieracci (1)“Tempo da lucci”. É questo quello che dico sempre quando ci sono le condizioni giuste… ed è quello che dico ogni mattina di Ottobre, Novembre, Dicembre e perché no anche Marzo, Aprile e Maggio quando alle 6 mi affaccio alla finestra e vedo un cielo grigio e pesante con una leggera foschia che permea ogni cosa. Autunno o primavera che sia, bassa pressione e cielo rotto sono sinonimo di clima perfetto. Ancora prima di partire so già come affrontare la sessione di pesca alla ricerca del più grande predatore autoctono delle nostre acque, pesce il cui solo pensiero è capace di catalizzare nelle menti di migliaia di pescatori sogni e desideri ancestrali.

Quando si ha a che fare con il nostro esocide, il meteo diventa un fedele alleato nonché un vero e proprio oracolo cui appellarsi per programmare al meglio l’uscita di pesca. D’altro canto, esso si può rivelare anche il più acerrimo dei nostri nemici quando ciò che ci si presenta agli occhi è l’esatto opposto di quello che ci aspettavamo: dalla mia esperienza una giornata soleggiata accompagnata da alta pressione è una giornata da dedicare più alla ricerca di nuovi spot o di altre specie.

Gli approcci con cui si affronta una pesca con esche artificiali al luccio sono essenzialmente due: lo spinning e il casting, qui presentati entrambi nella versione medio-pesante che a mio avviso ben si adatta ai nostri ambienti.

Le principali differenze tra questi due approcci, al di la delle mere e palesi diversità della combo canna-mulinello, sono rappresentate dall’azione di pesca e dalla presentazione dell’esca.

Il casting è indirizzato principalmente all’utilizzo di esche grandi e pesanti riducendo al minimo gli sforzi “fisici” che contraddistinguono la pesca a spinning: canna e mulinello da casting rappresentano un’estensione del braccio del pescatore e consentono lunghe sessioni di pesca con artificiali anche molto pesanti senza sforzare polso e avambraccio (a patto ovviamente di un buon bilanciamento dell’attrezzatura e di un po’ di allenamento).

luccio luca bolognesiLo spinning invece, la prima tecnica alla quale noi tutti pescatori europei e soprattutto italiani ci avviciniamo e che per molte ragioni quali semplicità di utilizzo e familiarità con quel tanto caro mulinello a bobina fissa consideriamo come scelta quasi obbligata nella pesca con le esche artificiali, consente a mio avviso un approccio diverso, più mirato verso l’utilizzo di esche che potremmo considerare “finesse” (se con il luccio si può parlare di finesse…) per le grammature e le dimensioni più contenute. Ciò non toglie che sia possibile ovviamente invertire il trend pescando a spinning con esche di 100-150 grammi o a casting con esche di poche decine di grammi: è tutta una questione di gusti ed abitudini perché il mercato della pesca oramai offre centinaia di soluzioni per ogni prezzo, qualità e abilità nell’utilizzo.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio.

SPINNING:

Trattando io di pesca da riva, a piede più o meno asciutto (non sempre è possibile entrare in acqua per guadagnare quel metro in più che a volte può far la differenza) a seconda del tipo di ambiente che andremo a scandagliare con i nostri artificiali, le canne da pesca dovranno avere una lunghezza oscillante fra i 2,4 e i 2,7 metri (misure superiori a mio avviso rendono l’attrezzo un po’ troppo ingombrante). Canne piuttosto lunghe quindi che permettono di avere quei centimetri in più di potenza utilissimi a guadagnare qualche metro nel lancio. L’azione della stessa sarà a discrezione del pescatore, personalmente preferisco canne piuttosto rigide ad azione di punta che mi permettono di manovrare con maggior accuratezza l’esca e di garantire una certa riserva di potenza del fusto in caso di combattimento con esemplari di buone dimensioni. La grammatura può essere variabile ed in accordo con quanto detto prima per lo spinning: personalmente opterei per una canna capace di lanciare e gestire artificiali fino a 50-60 grammi, più che sufficiente per governare le esche che a mio avviso dovrebbero essere impiegate nello spinning e cioè rotanti, ondulanti e grossi minnow.

Il mulinello dovrà essere ovviamente abbinato alla canna in modo che l’insieme sia perfettamente bilanciato: un mulinello taglia 5000 con bobina capiente è il minimo sindacale in questa pesca.

CASTING:

pesca liscione 19 marzo 1Inizialmente scettico a riguardo, dopo il primo lancio con questo tipo di attrezzatura mi sono reso davvero conto delle sue potenzialità. Il casting consente anzitutto di ridurre dimensioni della canna da pesca: attrezzi idonei per una pesca da riva avranno una lunghezza compresa tra 1,9 e 2,1 metri fino ad arrivare ai 2,4 metri in caso di casting pesante. La minor lunghezza dei grezzi si riflette in una maneggiabilità migliore che senza dubbio costituisce uno dei punti di forza di questa tecnica: l’allineamento canna-mulinello consente una destrezza ed una capacità di manovrare le esche (anche molto pesanti) incredibili con uno sforzo minimo (a patto, anche in questo caso, che il tutto sia ben bilanciato). La canna da casting consente di innalzare la grammatura delle esche utilizzate senza perdere di sensibilità e soprattutto comodità anzi, il casting come detto è dedicato proprio all’utilizzo di esche di dimensioni e pesi importanti, ottimo aspetto nella ricerca dei grandi lucci che popolano le nostre acque. Avremo quindi a che fare con canne relativamente sottili e compatte in grado di lanciare anche 200-300 grammi, abbastanza rigide (in base ovviamente all’azione) per manovrare al meglio l’artificiale: chi si avvicina al casting sarà scoraggiato o intimorito probabilmente da queste grammature, quindi consiglio per iniziare di orientarsi verso casting fino a 150 grammi, più che utili per manovrare le principali esche da luccio e al contempo non esageratamente potenti da affaticare troppo il neofita che deve ancora prender confidenza con il casting. Abbinato alla canna un buon mulinello a bobina rotante, meglio ancora se “low profile” per garantire maggior comodità e maneggevolezza viste le dimensioni compatte e ribassate e con un elevato rapporto di recupero per facilitare le operazioni di recupero dell’esca e del pesce (il luccio è un pesce potente e potente perciò dovrà essere il mulinello).

pesca liscione 19 marzo 4La lenza con cui imbobinare i mulinelli varia anch’essa in base alle preferenze del pescatore. Personalmente per i maggiori carichi di rottura a parità di diametro, l’assenza di elasticità (e quindi una maggior sensibilità sull’esca) e la capacità di “segare” letteralmente la vegetazione acquatica la mia scelta è da sempre ricaduta su di un buon trecciato . Per lo spinning mi sento di consigliare un trecciato da almeno 30-40 libbre e diametri massimo dello 0,20-0,23: un buon compromesso fra tenuta e lanciabilità. Per il casting invece il libbraggio aumenta proporzionalmente con le dimensioni ed il peso delle esche: anche se può sembrare eccessivo trecciati da 80 libbre di ottima qualità sono la scelta obbligata in questo caso, soprattutto quando si pesca con grossi artificiali siliconici e similari i quali stressano molto il filo durante il recupero (e che perciò in caso di libbraggi inferiori potrebbero portare ad un progressivo ed inesorabile deterioramento della treccia con relativa rottura della stessa!). Il mimetismo non è importante, quando si pescano i lucci non bisogna andare troppo per il sottile (vista anche la presenza del visibilissimo cavetto d’acciaio), importante è invece ricordarsi di imbobinare il mulinello tenendo il trecciato costantemente in tensione perché a differenza del nylon che col tempo tende a restringersi la treccia ha la tendenza ad allentare le proprie spire e si rischia quindi di creare nel lancio, soprattutto col mulinello da casting, delle parrucche infinite (che credetemi son quasi peggiori di quelle di nylon).

Esistono diverse tipologie di finali per il luccio in commercio, tutti accomunati dal

comune denominatore della resistenza alla dentatura dell’esocide capace di tranciare senza problemi anche il nylon o la treccia più grossi. Immancabile poi nella scatola porta-artificiali è il classico cavetto d’acciaio o titanio pronto all’uso, di buona qualità (più che al numero di fili di acciaio o titanio di cui son composti state sempre attenti alla tenuta che non deve essere a mio avviso mai inferiore alle 50 libbre) e mai più corto di 30-40 cm.

Ultimamente sempre più pescatori optano per cavetti in fluorocarbon dai diametri esagerati (anche di 1 mm perciò, date le caratteristiche del materiale, estremamente rigidi) che non ritengo sinceramente un’alternativa valida al cavetto metallico perché secondo me un paio di passate a livello dei denti della mandibola (i più grandi che un luccio possiede) sono più che sufficienti per tagliare il tutto e rischiare perciò di lasciare finale ed esca in bocca al pesce.

E’ possibile comunque autocostruirsi dei finali in base alle esigenze specifiche che ognuno ha ricorrendo ad una morbida treccia in grafite e acciaio o ai cavetti termosaldanti o “crimpabili”, sempre scelti nei libbraggi più elevati ed abbinati a girelle resistenti e moschettoni possibilmente di tipo “cross lock” da almeno 100 libbre (sembrerà esagerato ma un grosso luccio nella lotta è capace di aprire anche il più resistente dei moschettoni come fosse di stagno).

Parola d’ordine nello spinning al luccio: selezione. Non bisogna mai aver paura di esagerare con le dimensioni e l’aspetto delle esche artificiali che immergiamo in acqua, un luccio non si spaventa di fronte ad un esca di 20-25 cm (ricordo che parliamo di spinning medio-pesante, le acque dove pesco io non permettono di ricercare i noti “mostri” scandinavi o canadesi) ma un artificiale grande permette non soltanto di evitare l’attacco di piccoli luccetti (che il più delle volte avviene comunque, a riprova di quanto detto prima) ma di impedire che l’artificiale venga completamente ingoiato dal pesce con il rischio che ami o ancorette vadano a ledere il delicatissimo apparato branchiale dell’esocide.

A tal proposito, è sempre bene munirsi di:

Pinze a becchi lunghi: non fermatevi ai modelli di una spanna, vi consiglio becchi di almeno una trentina di centimetri. Non fatevi spaventare dalle dimensioni perché la gola di un luccio di dimensioni importanti è l’ultimo posto in cui vorreste/dovreste infilare le mani. Saranno molto utili anche per schiacciare preventivamente gli ardiglioni, manovra indispensabile a mio avviso se si utilizzano artificiali dotati di ancorette.

Tronchesi: nell’eventualità in cui la slamatura comporti un rischio legato al danneggiamento dell’apparato boccale o delle branchie del pesce è sempre meglio decidere di sacrificare la punta di un amo. Il luccio è un pesce ittiofago il cui apparato boccale è sicuramente preparato a “punture” da parte dei raggi di prede come persici reali o persici sole, la punta di quell’ancoretta verrà piano piano circondata da tessuto calloso ed espulsa in tempi brevi.

Boga grip: questa particolare pinza dotate di 2 ganasce mobili consente di trattenere il pesce ed issarlo dall’acqua facendo presa sulla mandibola dello stesso. E’ un attrezzo oggetto di numerose controversie che vedono il sottoscritto orientato dalla parte del “no”: ritengo che il boga grip sia utile nella misura in cui chi lo maneggia abbia un’esperienza tale da prevedere la reazione del pesce e da manipolarlo con attenzione. Troppe volte in video e foto mi è capitato di vedere lucci con la mandibola rotta o perforata a causa dell’imperizia nell’uso di questo strumento che aggiungo dovrebbe esser limitato nell’uso solo agli esemplari di taglia più piccola perché un luccio di 10-15 chili issato per l’apparato boccale rischia di danneggiarsi seriamente non solo quest’ultimo ma perfino gli organi interni che vengono compressi verticalmente per effetto della gravità.

pesca scott 3 luglio 2Guadino: sempre molto capiente come quelli da carpfishing, il guadino diventa a mio avviso un accessorio indispensabile per il salpaggio dei grandi lucci. Preferibilmente in rete gommata detta “fish friendly” (utilissima per evitare che gli ami restino impigliati e di una morbidezza tale da limitare al minimo le escoriazioni per il pesce), il guadino consente di trattenere il pesce in tutta sicurezza (sua e nostra) e di slamarlo direttamente in acqua riducendone così al minimo lo stress successivo alla cattura. Molto utili per chi pesca dalla barca anche i guadini a barella, lunghi e troppo ingombranti per la pesca da riva ma che consentono non solo il salpaggio ma pure il trasporto degli esemplari “giganti” verso cui questo tipo di accessorio è indirizzato.

Buon senso e rispetto per il pesce, le due cose più importanti. Cercate di far durare il combattimento il minor tempo possibile per evitare che nel pesce si accumuli troppo acido lattico, il luccio quando allamato dà sempre il tutto per tutto nella lotta ed un affaticamento eccessivo, tipico degli esemplari di taglia maggiore, può esser fatale. Bagnate sempre le mani prima di manipolare un esemplare, è ormai nota fra tutti i pescatori l’importanza di questo piccolo gesto per evitare che il calore e la secchezza della nostra cute possano asportare con il contatto il rivestimento mucoso protettivo.

I lucci più piccoli possono essere slamati direttamente in acqua senza esser nemmeno manipolati, ma se c’è proprio la necessità di farlo consiglio una delicata presa sulla “groppa” del pesce, poco dietro la sommità degli opercoli dove due formazioni ossee garantiscono una stabilità più che sufficiente per issarlo fuori dall’acqua (aiutandosi con l’altra mano su di un fianco dell’animale).

Non effettuate MAI la presa per gli occhi, una tecnica brutale fortunatamente sempre meno diffusa che rischia di causare danni gravissimi ad uno degli apparati più importanti per questo pesce: il luccio ricordiamolo a differenza di altri predatori basa la sua attività predatoria quasi esclusivamente sulla vista.

Quando la taglia comincia ad aumentare (parliamo di lucci che superano i 50 cm) allora oltre ai metodi del guadino e del boga grip precedentemente citati si può attuare la nota “presa opercolare”: questa modalità di salpaggio consiste nell’inserire le dita (punte di indice, medio e anulare) all’interno della sommità dell’apertura branchiale in una porzione compresa fra il primo arco branchiale e la parte ossea dell’opercolo, facendo presa delicatamente con il pollice all’esterno.

ATTENZIONE: i lucci hanno denti anche a livello delle branchie quindi questa presa dev’essere effettuata con perizia e senza fretta perché si rischia di farsi molto male.

Mentre ci si assicura una presa salda e al contempo delicata sull’opercolo, facciamo scivolare l’altra mano sul ventre del pesce ricordando di non applicare mai forza nella parte centrale di esso (pena un serio danneggiamento degli organi interni del pesce) ma di appoggiare la mano in prossimità della pinna anale.

Lasciate il pesce fuori dall’acqua il minor tempo possibile, giusto il tempo per un paio di foto ad immortalare la bellezza della cattura e poi reimmergetelo delicatamente in acqua, afferrandolo saldamente per il peduncolo caudale. Evitate di muovere il luccio con i soliti movimenti ritmati in avanti ed indietro, ogni pesce ha una propria capacità di regolare l’afflusso di acqua attraverso le branchie perciò si rischia con tali movimenti di lederne integrità e funzionalità, piuttosto cercate di mantenere il luccio in assetto di nuoto e magari di simulare un po’ con un movimento ondulatorio il nuoto del pesce all’occorrenza smuovendo pure le acque intorno ad esso per aumentarne l’ossigenazione. Siate pazienti e scrupolosi durante questa operazione perchè essa può richiederer, specialmente per per gli esemplari di taglia maggiore, anche diversi minuti.

Se avete effettuato tutte le operazioni celermente e nella giusta maniera il luccio vi ringrazierà con un bella scodata che vedrà lui scomparire nelle profondità e voi coperti di schizzi, ma anche questo è il bello di questa pesca.

Supportiamo sempre un catch & release oculato, imparando a maneggiare e riossigenare gli esemplari in maniera corretta.

 

Esistono probabilmente migliaia di esche artificiali di centinaia di marchi diversi dedicate alla pesca al luccio perciò fare una trattazione esaustiva sulle stesse sarebbe pressoché impossibile. Come già probabilmente sapete il più delle volte gli artificiali catturano prima noi che i pesci e questo non è un male perché ritengo estremamente importante che il pescatore sia convinto che quello che sta facendo è la cosa giusta ed in questo la convinzione sull’utilizzo di un dato artificiale riveste a mio avviso un ruolo centrale.

lucciofabioLe colorazioni degli artificiali al pari dei modelli sono le più disparate ma principalmente classificabili in colorazioni naturali e di fantasia, atte a stimolare curiosità o aggressività nei predatori: la scelta ancora una volta sarà appannaggio dell’angler, ricordando quelle regole basilari come la scelta di colori chiari in acque trasparenti (con “flash” se la luminosità è elevata) e colori scuri in acque velate.

Tre sono le principali categorie di esche con cui avremo a che fare, ricordando che nella pesca al luccio non dovremo mai lesinare sulle dimensioni.

Hardbaits:

Rientrano in questa categoria le esche cosiddette “dure, rigide”, esche genericamente in legno o materiale plastico che imitano nella maggior parte dei casi e più o meno fedelmente un pesce ferito o in difficoltà, preda molto allettante per un luccio.

Stiamo parlando principalmente di minnows e crankbaits, swimbaits, jerkbaits ed artificiali per la pesca topwater quali rane, poppers e “walking the dog”.

I crankbaits, grazie alla paletta pronunciata, sono ottimi per la ricerca dei lucci in profondità piuttosto importanti come presso delle pareti rocciose o sponde ripide che quindi degradano molto velocemente.

I minnows consentono di snidare il luccio che staziona negli strati intermedi d’acqua con recuperi lineari ed un azione di pesca piuttosto veloce alternata magari a degli “stop and go” (micidiali nelle ripartenze, in questo caso sono indispensabili i minnows cosiddetti “suspending” che hanno un’azione “neutra” al momento dello stop). Molto usati per il luccio i minnows “jointed” cioè “snodati” (chi non ha mai avuto nella propria cassetta un Rapala “Jointed”?) che presentano un nuoto più sinuoso e adescante che può essere amplificato con rapidi colpi di vettino.

Swimbaits e jerkbaits sono artificiali privi di paletta e probabilmente rappresentano le hardbaits più poliedriche, soprattutto per il fatto che si prestano molto a personalizzazioni dell’azione di recupero.

I jerkbaits sono artificiali totalmente privi di azione di nuoto propria perciò starà al pescatore imprimere con “jerkate” e “pitchate” i movimenti adatti per recuperare l’esca rendendola catturante. Manovrati sapientemente (ricordatevi che per farlo sarà necessario montare cavetti rigidi specifici per questo tipo di esche) in acque più o meno profonde in base al grado di affondabilità delle stesse e possibilmente sgombre da ostacoli, i jerk sono in grado di smuovere anche il luccio più apatico.

Le swimbaits sono invece artificiali snodati (a differenza dei jointed esse presentano più sezioni articolate tra loro), imitazioni curate di pesce foraggio che possiedono un nuoto proprio ed estremamente realistico. Un esempio di swimbait dal nuoto molto sinuoso è la Storm “Kickin’ Stick” che ben si presta a diverse velocità di recupero. Altrettanto ottime sono ad esempio le Savage Gear “4Play Swim&Jerk” che data l’assenza di paletta si prestano a variazioni del recupero con diversi movimenti della canna per renderle più adescanti. E’ mia abitudine scegliere dei modelli abbastanza fedeli alle prede presenti nel corpo idrico in cui mi trovo a pescare, sia per colore che per dimensioni anche se non scendo mai sotto i 16-17 cm con questi artificiali.

Raramente pesco i lucci in topwater, spesso gli spot che affronto non consentono una pesca di superficie.

Tra gli artificiali che ho sopra elencato sicuramente le imitazioni di rana (sia dal corpo rigido che cavo, per comodità le ho inserite qui dato che l’azione di pesca è diversa da quella di una softbait) dalla primavera all’autunno la fanno da padrone: la verosimiglianza dell’artificiale (rane estremamente realistiche tipo la Live Target “Hollow Body Frog” o la River2Sea “Dahlberg Diver Frog”) e dell’azione (realistica o più rumorosa come nelle rane Deps “Basirisky)” rendono queste esche micidiali se utilizzate sopra o vicino tappeti di ninfee o di alghe, vegetazione riparia, canneti e tutti quei luoghi ricchi di ostacoli dove il nostro esocide staziona per la caccia.

Poppers e stickbaits recuperate “walking the dog” in prossimità di ostacoli sono esche di reazione che stimolano l’aggressività del pesce e che possono procurare degli attacchi a galla spettacolari.

Fate sempre attenzione con le esche topwater: il luccio attacca l’artificiale con talmente tanta foga che il più delle volte sbaglia la mira o addenta male l’artificiale perciò più che a vista ferrate sempre e soltanto quando sentite il peso o la “botta” del pesce in canna, altrimenti rischiate di toglier loro l’artificiale di bocca.

Wirebaits:

Questa categoria racchiude le classicissime esche metalliche come cucchiaini rotanti ed ondulanti, ma anche esche definite “ibride” come spinnerbaits e buzzbaits, chatterbaits e jigs.

Un grande rotante con fiocco di lana rossa come lo storico Martin 20 o 28 è probabilmente uno dei primi artificiali con cui tutti noi abbiamo insediato i lucci e questa esca era tanto efficace decenni fa come adesso. La semplicità e l’immediatezza dell’utilizzo unita al forte richiamo dovuto alla vibrazione e allo scintillio della paletta fanno del cucchiaino rotante una delle esche più efficaci ed utilizzate dai pescatori di lucci di tutto il mondo.

Di ogni peso e colore, arricchiti con fiocchi di lana, pelo di cervo o sintetico (i famosi “bucktails”) oppure skirts siliconici e flash (come il Savage Gear “DP Spinner”) per aumentarne il volume e l’effetto in acqua, i grossi rotanti non devono mai mancare nella cassetta di un pescatore di lucci.

Altro cavallo di battaglia dello spinning all’esocide è il cucchiaino ondulante, anche in questo caso di dimensioni considerevoli. Artificiale difficile da manovrare (ricordiamo che l’ondulante deve ondulare e non oscillare perciò niente recuperi dritti!) ma che da sempre accompagna il rotante come una delle esche principe per il luccio, ricordando di scegliere i modelli più larghi e panciuti in acque ferme e più lunghi ed affusolati in acque correnti (per i fortunati che hanno la possibilità di pescare lucci in fiume!).

Le esche ibride sono esche che uniscono alla componente metallica (palette, eliche e testine) quella siliconica che consente di unire alla stimolazione dei flash e delle vibrazioni prodotte dalla prima volume e movimenti fluttuanti per rendere il tutto ancora più adescante. Tra tutte quelle elencate all’inizio di questo paragrafo, quelle che preferisco e che uso maggiormente sono gli spinnerbaits e i jigs.

Lo spinnerbait è un’esca nata per la pesca al black bass ma che ben si adatta alla pesca al luccio, ovviamente con delle modifiche opportune. Anzitutto le dimensioni, molto più grandi di quelle da bass e con palette generose, in genere preferisco due palette willow oppure una combo willow – colorado. In secondo luogo l’armatura dev’essere molto robusta per resistere alla grande torsione che la forza di un grosso luccio durante il combattimento esercita su di essa: anche in virtù dell’utilizzo di un cavetto di acciaio dotato di moschettone è necessario scegliere i modelli dedicati all’esocide, robusti e con la forcella chiusa (punto di forza che impedisce allo spinnerbait di aprirsi nel recupero del pesce). Un esempio di spinnerbait appositamente studiato per il luccio è il Savage Gear “DP Spinnerbait”. Le caratteristiche antialga e di selettività di quest’esca consentono di insidiare il luccio in ambienti molto vari, dalle acque profonde e libere ai sottoriva ricchi di ostacoli rendendo lo spinnerbait un’esca molto polivalente.

Il jig permette invece di stanare i lucci in profondità o meglio ancora, direttamente da dentro le cover più fitte viste le grandi capacità antialga di quest’esca. La forma compatta del jig data dalla testina piombata (jig head, appunto) e dallo skirt che l’abbraccia rendono infatti questa esca estremamente penetrante e perciò utile per pescare in acque ingombre di ostacoli. Anche in questo caso le dimensioni dell’esca dovranno essere notevoli e sarà opportuno orientarsi verso i modelli specifici, come nel caso del “Drifter Jig-A-Beast” della ERC.

Softbaits:

In quest’ultima categoria tratterò brevemente le esche morbide siliconiche quali shads, soft swimbaits e jerkbaits, bulldawgs, grossi tubes e grossi grubs.

Le esche siliconiche hanno rivoluzionato il concetto di pesca con gli artificiali consentendo un’azione molto più lenta e mirata accompagnata ad una maggior verosimiglianza delle esche per consistenza e sapori (sapete tutti che ormai le mescole di tali artificiali sono addizionate di scent e sali per render l’esca più simile ad una preda reale).

luccio spinningCon gli shads siliconici (ottimi per il luccio i Fox “Pro Shads” da 7, 9 e 11 pollici) uniti alla propria testina piombata, è possibile stanare i lucci nelle acque profonde andando a ricercarli direttamente sul fondo con i tipici movimenti sali-scendi del jigging.

Ricerca simile è quella effettuabile con i tubes e i grubs dedicati all’esocide, versione XXL dei falcetti e dei tube usati nel bass fishing che possono raggiungere e superare i 100 grammi (come rispettivamente lo Zebco “Sea Fat Boy” e il Fox “Monstertubes”): anche questi artificiali possono essere utilizzati nei pressi del fondo per smuovere i lucci che stazionano in profondità.

Con le altre categorie di softbaits sovracitate è possibile invece sondare diverse profondità, in base al peso e all’azione che l’esca presenta.

I bulldawgs sono forse una delle softbaits da luccio più famose e peculiari. Si tratta di artificiali anguilliformi dal corpo pesante e resistente con una o due lunghe e voluminose code che emettono molte vibrazioni in acqua. Artificiali estremamente validi sono i famosi “bull dawgs” della Musky Innovation, artificiali che arrivano a toccare dimensioni enormi (fino a 40 cm e alcune centinaia di grammi) in quanto dedicati ai giganteschi lucci nordamericani. Più contenuti sono gli altrettanto validi Savage Gear “Alien Eel” nelle versioni Shallow e Sinking, di dimensioni e grammature diverse per sondare rispettivamente gli strati superficiali e profondi dell’acqua.

Le soft swimbaits e i soft jerkbaits non sono altro che la versione siliconica dei corrispettivi lignei o plastici di queste esche e come i predecessori tali artificiali mantengono le caratteristiche descritte nel paragrafo dedicato alle hardbaits.

Tra le soft swimbaits (sono le esche che utilizzo per la maggiore in questa pesca) meritevoli di citazione troviamo la linea “Live Kickin’” della Storm (in particolare il Live Kickin’ Shad da 15 cm) e le Savage Gear “Soft4Play Swim & Jerk” da 19 e 25 cm, artificiali che come suggerisce il nome abbinano al nuoto tipico delle swimbait la possibilità di variare il recupero con “jerkate” e altre stimolazioni per ottenere un’azione unica.

In commercio esiste poi una grande varietà di esche che hanno azione e caratteristiche strutturali intermedie fra tutte le esche citate finora e che sarà compito della curiosità e del coraggio del pescatore ricercare e provare.

 

L’azione di pesca cambia in base alle caratteristiche dello spot in cui ci troviamo.

Pescando da riva è indispensabile scandagliare i primi metri d’acqua battendo il sottosponda con lanci brevi (da posizione arretrata, mai affacciarsi subito sull’acqua) alla ricerca del predatore appostato in una piccola ansa o in uno scalino per poi progressivamente allungare i lanci per sondare acque più profonde. Il luccio è un predatore che fa dell’agguato la sua arma principale, aiutato molto dalla morfologia e dalla livrea mimetica che lo rendono in acqua del tutto simile ad un ramo perciò andremo a ricercare il luccio prevalentemente in prossimità di canneti, tappeti di ninfee, alberi caduti o semisommersi, scalini del fondale ed in tutti quegli ostacoli naturali ed artificiali insomma che possono celare la sua presenza ai sensi della preda. In corpi idrici grandi la pesca da riva può risultare dispersiva, ma in autunno ricordatevi che i lucci si avvicinano alle rive in preparazione della frega che avverrà all’inizio del nuovo anno ed in primavera occuperanno le medesime posizioni alla vorace ricerca di prede per poter recuperare le energie dopo le fatiche della riproduzione (prima di riaddentrarsi, con l’arrivo della stagione calda, nelle profondità del lago) perciò perseverate sempre nei primi 20 metri dalla riva, anche in acque che ritenete troppo basse… dalla mia esperienza posso confermare che un luccio di 4-5 chili lo si trova tranquillamente in una spanna di acqua.

Altra parola d’ordine quando si pescano i lucci è: perseveranza.
Perseveranza nel pescare senza arrendersi mai, perché il luccio è un pesce quanto mai lunatico che limita la sua predazione a vere e proprie finestre di attività, spesso di pochissime ore e determinate dalle condizioni meteoclimatiche che devono sempre esser prese in considerazione quando andiamo ad insidiare il nostro predatore.

Perseveranza nel provare approcci e recuperi diversi, perseveranza nell’insistere ed esser convinti che quello che si sta facendo è la cosa giusta in quel momento: se è vero che nelle nostre acque il più delle volte per prendere un luccio sono necessari almeno dieci cappotti è anche vero che il luccione della stagione e perché no, della vita può arrivare in qualsiasi momento e solo non arrendendosi mai avremo la possibilità di prenderlo.

 

Daniele Pieracci

 

Seguici su